Trasporto cargo via drone, ora si punta al penultimo miglio



La logistica aerea autonoma, quella condotta con veicoli non pilotati, sta facendo i conti con la bestia nera di tutte le innovazioni: le regole. Ma sta reagendo facendo leva sulla potenza dello sviluppo tecnologico.
Questo è il messaggio che emerge dalla Terza Conferenza Nazionale sulla Urban & Advanced Air Mobility, svoltasi un mese fa a Torino in contemporanea a NGM.
La visione di trasformare i droni in fattorini in grado di consegnare a domicilio i singoli pacchi è possibile tecnologicamente da diversi anni. Da allora però, molte sperimentazioni concluse con successo da parte di Amazon, Alphabet & Co, ma nessun servizio di routine.
Le regole per far volare oggetti di circa un centinaio di kili in città ancora non ci sono, e soprattutto non ci sono le aerovie e l’infrastruttura per farle rispettare, ossia l’operatività. Discorso diverso invece per le tratte del penultimo miglio (middle mile tra gli anglo- sassoni), quelle tra centri distributivi intermedi e quelli finali. In questo caso, definire le aerovie è semplice, i percorsi sono sempre quelli, e gran parte se non tutto il tragitto si svolge in aree a bassa densità.
Inoltre, i punti di decollo e atterraggio sono all’interno di aree private. In compenso, i carichi da massimo 25 kili su qualche chilometro non servono, bisogna salire, obiettivo un paio di quintali su diversi chilometri. Obiettivi a cui la tecnologia è già arrivata: aerodinamica efficiente, motori più potenti e meno affamati, batterie ad hoc, propulsione ibrida turbina-elettrica o a celle a combustibile.

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