Il drone sul tram, ma paga il bigliettoPrima Conferenza Nazionale sulla Urban Air Mobility



Forse meno velocemente di quanto previsto, ma le consegne a domicilio con i droni fanno progressi. Tra poco meno di un mese se ne parlerà estesamente nella prima Conferenza Nazionale sulla Urban Air Mobility a Torino – Lingotto (18 novembre dalle 14 alle 18), mentre Amazon, Google ed altri sono ormai in fase di sperimentazione avanzata. Le prime prove stanno mettendo in rilievo un problema forse non pienamente compreso prima: la poca autonomia dei droni per le consegne. Poca autonomia vuol dire che le basi di partenza devono essere di più, i droni devono essere molti, per consentire la ricarica, e che si devono rispettare limiti stretti nel peso delle merci da trasportare.
L’industria sta pensando a diverse soluzioni, a partire dal creare batterie specifiche per i droni ad utilizzare le celle a combustibile, dal costruire droni più grandi per consentire le consegne multiple all’usare verricelli per tenerli in quota a non sprecare energia in atterraggi e decolli.
All’Università di Stanford in California hanno avuto un’idea diversa. Alcuni ricercatori, tra cui l’italiano Marco Pavone, hanno a messo a punto un algoritmo e costruito su di esso un programma per computer in grado di pianificare i percorsi di consegna dei droni tenendo conto della possibilità di posarsi su mezzi pubblici per risparmiare energia. In questo modo, a parità del resto, i droni vedrebbero la propria autonomia crescere quattro volte e mezza, permettendo significativi risparmi nell’infrastruttura di supporto e nelle dimensioni minime della flotta. L’idea è buona, la sua realizzazione pratica dipenderà dalla collaborazione degli operatori del trasporto pubblico locale, che dovranno predisporre degli spazi sul tetto, naturalmente a pagamento, supponiamo. Insomma, va bene un passaggio, ma si paga il biglietto.
Niente “portoghesi” tra i droni.

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