Luci e ombre pandemiche sui container refrigerati



Lo stato del trasporto a lungo raggio con container refrigerati (reefer in gergo shipping) è in movimento, se si ammette il gioco di parole. La pandemia ha colpito pochissimo i volumi del commercio a lunga distanza di beni deperibili, solo lo 0,4% in meno a 132 milioni di tonnellate nel 2020 sul 2019, una percentuale di calo lontanissima da quella del resto degli scambi, e anzi per la parte containerizzata ha visto una crescita anche se marginale dello 0,3% a 5,4 milioni di TEU, che in tonnellate si traducono in circa 110 milioni.

L’erosione della quota delle navi reefer, come le bananiere e le navi frigo per la carne, è sceso ancora, al 12%. Il fenomeno si spiega con la scarsità di slot container disponibili, occupati dalle spedizioni “dry” anche se predisposti per i reefer, che ha spinto alcuni operatori a tornare al vecchio modo di trasportare i deperibili.

Lo sbilanciamento nella disponibilità di container per reefer è esacerbato dal fatto che si tratta di tratte monodirezionali per oltre l’82%, ossia un container che arriva pieno ad Anversa torna vuoto più di 8 volte su dieci. La crescita del trasporto reefer è continuata anche nella prima metà di quest’anno, con un più 4,8% sulla prima metà del 2020, trainato dai limoni, carne e frutta esotica. La previsione è che il passo sarà più lento nella seconda metà. Dall’inizio della pandemia ad oggi, le tariffe sono cresciute del 50%, una frazione di quanto avvenuto in altri settori. La ragione è semplice: essendo in larga parte un traffico stagionale, la maggior parte dei contratti sono a lungo termine con limitate clausole di adeguamento.
Per questo ci si aspetta che la crescita dei prezzi proseguirà anche l’anno prossimo, mentre è probabile che i prezzi del dry, dovuti a problemi congiunturali, rientrino nella normalità.