Gli standard del trasporto containerizzato



Come ripetiamo spesso, il trasporto refrigerato è un mondo che trascende il settore definito dalle norme ATP, che si occupa di trasporto su strada ma non lo copre nemmeno tutto.
Una parte consistente e in crescita passa attraverso i container, che ormai da diverso tempo stanno sostituendo per praticità nelle fasi di carico e scarico le navi refrigerate, senza contare l’intrinseca intermodalità che essi rendono possibile.
Le misure dei container sono standardizzate a livello mondiale dal Technical Committee 104 dell’International Standards Organization e formalizzate nella norma ISO 688-1995, integrato con gli emendamenti I e II del 2005, oggi in vigore.
Le misure dei container, che sono stati inventati negli Stati Uniti a metà degli anni ’50 del secolo scorso, sono espresse in piedi e in libre. L’unità base misura 20 piedi (in realtà 19 piedi e 10 pollici e mezzo, equivalenti a 6,058 metri) di lunghezza, 8 piedi e 6 pollici (2,591 metri) di altezza e 8 piedi di larghezza (2,438 metri). Su questa unità si basa la TEU (twenty feet equivalent unit), con cui si misurano la portata delle navi, la quantità di traffico, le tariffe, eccetera. Il peso massimo di un container da 20 piedi è di 67.200 libbre, ossia 30.480 tonnellate metriche. Lo stesso peso massimo vale anche per le misure superiori. Esistono infatti container da 30, 40 e 45 piedi, e ognuno di essi può avere oltre all’altezza standard una substandard (8 piedi) o sovrastandard, detti Highcube, da 9,6 piedi.
Esistono anche container da 10 piedi, e persino da 6,5 e 5 piedi, non più contenuti nello standard ISO 688 nella versione attuale, ma lo erano in versioni precedenti e sono ancora usati. Le misure esterne descritte valgono per tutti i container, da quelli a scatola completamente chiusa (definiti dry) a quelli speciali (aperti sopra, aperti di lato, a slitta, a botte per il trasporto liquidi, eccetera). Sui dry si basano anche i coibentati ed i refrigerati di cui parleremo nella prossima puntata.

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