Sentiamo spesso parlare di packaging per alimenti "eco-friendly", ma quando una confezione si può davvero definire sostenibile? I processi affiché lo diventi sono tanti: dalla rinnovabilità del materiale al processo di trasformazione, dalle modalità di impiego alle procedure di recupero, riciclo e riutilizzo, fino al grado di coinvolgimento del consumatore e al livello di degradabilità dei materiali dispersi. L'obiettivo di Bestack, consorzio non profit dei produttori italiani di imballaggi in cartone ondulato per ortofrutta, è stimolare l’orientamento delle aziende del suo settore nel migliorare tutti questi parametri.
"Per fare carta si piantano più alberi di quanti se ne tagliano - esordisce il direttore di Bestack, Claudio Dall’Agata -. È noto, così come certificato dalla FAO, che in Europa le foreste per la produzione di cellulosa dal 1950 sono cresciute del 30%. La cellulosa vergine serve per produrre imballaggi monouso e resistenti, ma soprattutto igienici al 100%. Noi di questo siamo orgogliosi perché da un lato abbiamo in Italia la normativa più stringente in materia di imballaggi e food safety e dall’altro aiutiamo le foreste a crescere più forti e sane di prima”.
Nel 2011 Bestack ha intrapreso una partnership con il WWF, dandosi come obiettivo quello di arrivare al 100 per cento della carta certificata entro il 2020: nel 2019 è già stata raggiunta quota 99,8%, mancano ancora 12 mesi da considerare e ci sono tutte le premesse per centrare l’obiettivo. "L’auspicio - aggiunge il direttore del Consorzio - è che questa best practice faccia da riferimento nel settore del packaging per ortofrutta, alla stregua di quello che è avvenuto negli ultimi anni con lo standard dimensionale Bestack, che ad oggi è lo standard logistico più diffuso sul mercato (oltre l’84% degli imballaggi in cartone ondulato prodotti in Italia rispetta queste dimensioni)".